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59° Soluzione definitiva per il rilancio di Porto Torres.

15 Mar

Sin qui si è parlato del passato e dell’attuale situazione, adesso spiegherò come sia possibile uscire dall’empasse e risolvere i nostri problemi economici, aggirando le normative che ci tagliano fuori da tutte le possibilità di sviluppo.

Preparare il contratto di concessione e sovranità, della durata di 100 anni, riferito al territorio da bonificare nel comune di Porto Torres, con uno stato extra-europeo.

Si concede la sovranità su delle aree pari almeno a 20 km quadrati, ricadenti nella zona industriale e nel territorio attiguo.

La durata e la forma del contratto, permette all’investitore straniero di programmare e ammortizzare l’iniziativa, specie se svincolata dalle normative della burocrazia italiana, oggi fra le più farraginose al mondo.

L’investitore, ha proprie spese, eseguirà la bonifica dell’area di Porto Torres; le autorità locali creeranno le infrastrutture necessarie per la migliore integrazione dell’iniziativa.

Per la prima volta nella sua storia la Sardegna, libera di effettuare un contratto con un paese straniero, agisce come soggetto autonomo e indipendente.

I vincoli del contratto per la sovranità prevedono pochi e semplici punti per l’investitore straniero:

a)     La cessione gratuita del 10 % delle volumetrie costruite (tali spazi verranno utilizzati per il controllo, per l’assistenza, servizi e gestione di attività commerciali all’interno della ZONA FRANCA).

b)     Una tassazione del solo 10 % sui proventi.

c)      L’acquisto di beni, prodotti e servizi, nella quota di almeno il 50 % da un consorzio di aziende sarde (a gestione mista e capeggiata dalla regione Sardegna, dove si prevede l’affiliazione delle sole aziende sarde).

d)     L’utilizzo del 50% di manodopera locale.

Con tale accordo, la Sardegna godrebbe subito di vantaggi reali e immediati.

I. La bonifica del territorio a costo 0.

II. Gestire il 10 % della struttura a costo 0.

III. Un’entrata sicura del 10 %.

IV. Soluzione ai problemi di occupazione del territorio.

V. Sviluppo economico grazie alla reciprocità.

L’altro punto del contratto, prevede la nascita della PRIMA colonia sarda in terra straniera, che potremmo chiamare “Nuova Turris Libissonis”.

Per la prima volta l’isola godrebbe di enorme notorietà e sovranità, mai avuta prima.

Grazie a questo accordo, la Sardegna disporrebbe di uno sbocco commerciale esclusivo, facendo conoscere nel mondo la propria identità e le proprie produzioni.

Ponte Romano

Dobbiamo tenere presente le prerogative della Sardegna:

I. Turismo.

II. Mondo agro-pastorale.

III. Settore alimentare.

IV. Settore estrattivo.

Il canale commerciale diretto consente lo sviluppo di prodotti dove siamo in grado di fornire eccellenze per l’export: latticini, frutta, verdura, insaccati, olio, vino, sughero, marmi e graniti e quanto di meglio siamo in grado di offrire.

Sviluppare l’artigianato e la piccola industria per la produzione di manifatture.

Tutto il territorio della Sardegna, godrebbe di vantaggi e verrebbe utilizzato per quello che la natura e il buon Dio ci ha donato.

Per una piccola realtà come la Sardegna, il partner giusto è un gigante asiatico, che dispone delle capacità finanziarie, delle motivazioni e non entrerebbe in concorrenza con noi in settori di nicchia.

Immaginiamo di proporre l’affare ai RUSSI (o cinesi, oppure indiani), con le loro immense risorse e l’interesse di entrare in commercio diretto con l’Europa, si produrrebbe un enorme impulso nella nostra economia.

Garantendo un accesso al porto, un rapporto privilegiato e un’esenzione per 100 anni, potrebbe nascere in Sardegna il più importante centro turistico del Mediterraneo, dove, non solo Porto Torres avrebbe vantaggi, ma anche Alghero, come città storica e per il suo aeroporto, e Sassari, con il suo enorme territorio, ridarebbe slancio alla propria agricoltura e industria per servire la nuova realtà.

Non solo, il porto della città di Porto Torres, potrebbe diventare il terminal esclusivo per il nostro PARTNER, per la circolazione delle proprie merci in Europa.

Partiamo dalla considerazione che la normativa europea non consente esenzioni speciali agli stati appartenenti; quella nazionale vieta l’avvio di alcune attività, dove occorre uno specifico nulla osta.

Concedendo la sovranità a un paese extraeuropeo, su un piccolo territorio, possiamo aggirare tali norme, troppo limitative per la Sardegna.

Su un’area così piccola, di poche decine di km quadrati, non esiste nulla di legale che riesca a creare più profitto di un grande Casinò; annessi alberghi, bagni termali, parchi a tema, giardini, teatri, musei e stadi per lo sport.

Per capire le dimensioni economiche dell’affare, si deve sapere che iniziative di questo tipo comportano l’investimento minimo di 700 – 900 milioni di euro, sino a diversi miliardi.

In Spagna sta nascendo il Casinò più grande d’Europa, per un valore di 17 miliardi di euro; dispone di 32 casinò, 70 hotel, 232 ristoranti, 500 attività commerciali, un ippodromo, un campo da golf, parchi divertimenti e musei, su un’area di 20 km quadrati.

I lavori dovrebbero terminare nel 2015, con 65.000 dipendenti previsti.

Questi semplici dati parlano da soli sulle possibilità di uno sviluppo sul nostro territorio e grazie alla stagione lunga, si avrebbe una crescita impressionante sia nel turismo, nelle produzioni e nei servizi collegati.

Gli incassi previsti sono per diversi miliardi di euro, la quota diretta di ricavo potrebbe arrivare ad alcune centinaia di milioni di euro annui, una cifra ragguardevole che consentirebbe al territorio di progettare il proprio futuro.

Un fiume di denaro così renderebbe necessaria un’attenta suddivisione dei ricavi, in maniera da rendere permanente lo sviluppo economico e sociale in Sardegna.

Le quote di spettanza a ciascun soggetto sardo potrebbero essere le seguenti:

  • 20% alla regione Sardegna.
  • 20% per lo sviluppo Portuale.
  • 20% per lo sviluppo Aeroportuale.
  • 20% per lo sviluppo dei collegamenti stradali e ferroviari.
  • 20% per lo sviluppo delle produzioni locali.

Tutte queste attività collegate necessitano di materiali, servizi e manodopera sufficiente a far girare il volano economico della Sardegna.

Inoltre, grazie all’interscambio, il processo di modernizzazione e autosufficienza economica, diverrebbe una realtà.

Nel giro di pochi anni, la Sardegna si avvicinerebbe al benessere del nord d’Italia e cesserebbe l’emorragia occupazionale del territorio.

Il miglioramento delle condizioni economiche, consentirebbe l’arrivo di nuovi cittadini, indispensabili per lo sviluppo e per far diventare la Sardegna, un’isola felice.

Con tali presupposti, il futuro dei nostri figli appare più sereno e sicuro. 

 

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