La tragedia provocata in Sardegna, dall’alluvione del 18 novembre, ha messo a nudo, per l’ennesima volta, l’inadeguatezza del sistema burocratico dello Stato italiano, controllato dalla politica più bieca, di stampo clientelare e parassitario.
Infatti, i risultati delle scelte – opinabili – adottate dall’Ente di Bonifica e dalla successiva catena di comando, per la [mala]gestione della diga – Petru’e Ottoni – sul fiume Cedrino e della diga di – Torpè – meritano un’indagine approfondita da parte della magistratura, visti i disastri arrecati alla popolazione e al territorio.
Difatti, la diga sul fiume Cedrino, con una capacità di oltre 50 milioni di MC d’acqua e una quota di sicurezza a metri 103, in quanto a quota mt104 è presente la sorgente “Sa Vena” (che rifornisce i paesi di Oliena e Dorgali), necessita di un monitoraggio costante nei mesi invernali, per non contaminare gli acquedotti dei suddetti paesi, quando l’acqua raggiunge la quota di mt107.
Avere un ruolo così delicato presuppone sia competenza che responsabilità, oltre alla capacità di saper trovare soluzioni con il variare delle condizioni meteorologiche, non limitandosi ad “aprire e chiudere” un rubinetto (gigante).
Altre volte l’Ente di Bonifica aveva mostrato tutti i suoi limiti, ma nella giornata del 18 novembre si è capito che il problema è più grave di quello che sembrava, viste le tardive reazioni all’allerta meteo, e la conseguente salita del livello d’acqua della diga a quota mt 110.
E’ vero che la pioggia è stata di carattere eccezionale per intensità, ma aver tergiversato e messo in allerta la Prefettura, solo quando il problema era diventato ingestibile, dimostra che non si possono trovare [competenza e responsabilità] in personale nominato dalla politica.
Per quanto riguarda la diga sul Cedrino, ci saremmo aspettati da parte dell’Ente di Bonifica, sicuramente un preallarme da notificare, anche il giorno prima, ai comuni interessati: di Galtellì, Loculi, Irgoli, Onifai e soprattutto quello di Orosei, specie per verificare le condizioni della foce del fiume, vista l’allerta meteo prevista da qualche giorno.
Infatti, l’improvvisa apertura della diga, notificata mezz’ora prima dell’arrivo della piena, ha messo troppo a rischio delle vite umane e provocato danni ingenti in alcune zone.
Peggiore è il caso della diga di Torpè, visto che i gestori sono stati capaci – addirittura – di far tracimare la diga e provocare così danni incalcolabili e sopratutto morti.
Non dobbiamo – però – dimenticarci gli altri attori non protagonisti della tragedia annuniciata, in quanto chi ha vietato il la pulizia degli alvei nei mesi estivi, dal legname accumulato o cresciuto nei periodi di secca, a parte della responsabilità, specie se si è pensato di proteggere l’habitat di alcuni animali, e non quello degli umani.
Non basta l’alibi dell’evento eccezionale, la mancata pulizia degli alvei dei fiumi e la tardiva apertura della foce del fiume Cedrino, ostacolata dall’alta marea e dal mare molto mosso: qualcuno a monte ha sbagliato.
Un’indagine accurata è obbligatoria, visti i morti e i gravi danni al territorio, non possiamo continuare a piangere perché si è creata una scellerata burocrazia invasiva e inefficiente, vista la presenza di responsabili di dubbia competenza e da avidi professionisti della politica e non solo…
E’ tempo che qualcuno paghi per i suoi sbagli!
brillantinamilano
22 novembre 2013 at 21:44
L’ha ribloggato su Emergenza Sardegna.