Sono presenti, in giro per il mondo, diverse forme di Zone franche, di cui si sa pochissimo, mentre il loro numero ha superato le mille unità, ed è sempre in aumento.
La Convenzione Internazionale di Kyoto del 1973, stabilisce come Zona Franca «… la parte del territorio di uno Stato in cui le merci che vi sono introdotte, sono considerate come fossero fuori dal territorio doganale, per quanto attiene ai diritti e alle tasse d’importazione e non sono sottoposte agli usuali controlli dell’autorità di Dogana».
L’Ordinamento dell’Unione Europea, ripreso poi dalle legislazioni degli Stati membri, intende «… ogni territorio istituito dalle autorità competenti degli Stati membri, dove si possono introdurre merci, avvantaggiandosi dei rimborsi sulle esportazioni o sui costi di importazione; inoltre, sono esentate dai dazi doganali, dei prelievi agricoli, delle restrizioni quantitative e di qualsiasi tassa o misura di effetto equivalente».
Sostanzialmente, quindi, l’UE mira a definire l’esperienza di Zona Franca in base ai suoi più generici caratteri di area ove è sospesa l’applicazione parziale o totale di norme fiscali e commerciali in vigore nella Comunità e applicabili al caso.
Nel Testo Unico delle Leggi Doganali italiane, purché non in contrasto con la normativa comunitaria, si intenda «… una parte del territorio doganale, non delimitata da recinzioni, dové ammesso il consumo di determinati prodotti in esenzione o con la riduzione di imposta, entro limiti stabiliti».
Stiamo parlando delle così dette Zone franche per contingenti, previste per la Regione Aosta e per la Provincia di Gorizia, le zone di Livigno, Campione d’Italia, lago di Lugano, Ponte Tresa e Porto Ceresio.
In base agli obbiettivi economici che le diverse Aree Economiche Speciali perseguono, le Nazioni Unite hanno elencato ben 23 denominazioni.
Per comprendere meglio il fenomeno, sarà necessario entrare nel dettaglio per valutare le principali tipologie di Zone Franche.
Innanzitutto le “Zone Franche commerciali” «… aree dove si svolge il trasbordo, lo stoccaggio e dove le merci sono in attesa di essere reimportate, possono essere destinate a migliorarne la qualità o la presentazione».
Poi i Porti Franchi «… dove è possibile compiere tutte le operazioni inerenti, l’imbarco, sbarco, trasporto di materiali e trasformazioni; consentendo così agli agenti economici operanti nel porto un’immunità doganale, sia per incrementare i traffici, che facilitando l’impianto di stabilimenti industriali nell’area franca».
Invece il Punto Franco «… presenta dei limiti dimensionali e hanno un carattere prettamente commerciale, senza dare fastidio e intralcio alle altre attività portuali».
Nella Zona Franca portuale «… le merci entrano ed escono in una zona del porto chiusa, senza formalità doganali».
Mentre il Deposito Franco «… è un edificio in prossimità della linea Doganale marittima in cui le merci sostano in sospensione di tributi e senza prestazione di garanzia; le merci introdotte possono essere sottoposte soltanto alle manipolazioni usuali che non ne alterino la natura e vengono immagazzinate a condizioni fiscali vantaggiose».
Le “Zone Franche industriali” «… sono aree nelle quali è concessa anche la trasformazione, che da valore aggiunto alle merci».
Oltre alle Zone Franche classiche, abbiamo la loro evoluzione in Zone Franche di seconda generazione «… aree in cui, oltre alle agevolazioni fiscali, sono presenti vantaggi finanziari, sociali e amministrativi, sia per le imprese che per i lavoratori; di fatto, sono connesse con le attività commerciali e produttive che, oltre a favorire le classiche operazioni, stimolano la trasformazione delle merci, anche per il mercato interno».
Le Zone Franche speciali «…sono aree stabilite dal governo, per stimolare ed equilibrare l’agricoltura, l’industria, il commercio e il turismo… ogni zona amministra da se il proprio sviluppo economico, industriale e fiscale, senza l’aiuto del governo nazionale… vengono offerte strutture adeguate, al fine di creare un collegamento con le comunità circostanti… talora sono previsti incentivi finanziari, infrastrutture o la formazione per il personale impiegato: in sostanza, può essere una specie di incubatore in cui alle aziende viene dato tutto il necessario per svilupparsi».
Le Zone Franche d’Impresa «…sono aree destinate a godere di uno statuto speciale al fine di rilocalizzare le imprese industriali; di attrarre investimenti internazionali orientati alla sola esportazione, permettendo l’ingresso libero di materie prime e semilavorati».
Le EPZ o Export Processing Zones «…rappresentano le zone franche più diffuse al mondo, specie nei paesi in via di sviluppo, godendo di incentivi addizionali che le caratterizzano».
Gli incentivi di cui godono sono quattro:
1) Offerta di importazione esentasse di materie prime o semilavorati disponibili nel mercato interno.
2) Esenzione temporanea, dai tre a dieci anni, spesso prorogabile, sulla tassazione dei redditi.
3) Offerta alle imprese di riduzione o annullamento delle pratiche burocratiche e doganali, con relativa diminuzione dei costi amministrativi e dei ritardi; possibilità di rimpatrio totale dei profitti; evitare l’iter di approvazione per importazione di strumentazione estera e possibilità di utilizzare le quote di importazione assegnate al Paese ospite, di certi blocchi commerciali come l’UE.
4) Offerta alle imprese di tariffe generalmente più basse per affitto di stabili, spazi e per l’energia elettrica.
Infine, ricordiamo un’ultima classificazione da una proposta di legge italiana per la creazione di zone franche nel nostro paese.
a) Nella Zona Franca di Consumo «…determinati quantitativi e tipologie di merci possono essere importate dal resto del mondo per essere consumate all’interno della zona franca considerata alle imprese di tariffe generalmente più basse per affitto di stabili, spazi e per l’energia elettrica».
b) Mentre nella Zona Franca Doganale «…le merci entrate usufruiscono dei vantaggi doganali ma continuano godono dell’appartenenza europea».
c) Infine, nella Zona Franca di Produzione «…le aziende beneficiano sia di esenzioni doganali per le merci e i prodotti importati da qualunque paese, che di agevolazioni fiscali, nel rispetto della normativa comunitaria, per quanto riguarda le imposte dirette, indirette e le misure di flessibilizzazione del lavoro».
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.